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sabato 15 ottobre 2016

IMMUNOLOGIA ONCOLOGICA

Tratto da MSD Italia

L'importanza delle cellule linfoidi nell'immunità tumorale è stata ripetutamente dimostrata in vivo. La cellula T è ritenuta la principale responsabile del riconoscimento diretto e della soppressione della cellula tumorale. Le cellule T esercitano una sorveglianza immunologica, distruggendo cellule tumorali neotrasformate dopo il riconoscimento degli ATA. Nell'uomo possono svilupparsi specifici cloni di cellule T, che riconoscono e uccidono direttamente cellule tumorali autologhe. Le cellule T sono singolarmente capaci di uccidere cellule che esprimono ATA intracellulari poiché i frammenti di peptidi derivanti da queste proteine intracellulari possono essere legati ad antigeni di classe I MHC sulla superficie della cellule tumorale, i quali possono essere riconosciuti dai recettori di superficie delle cellule T. Pertanto, gli antigeni riconosciuti dai linfociti T citotossici (CTL) non sono necessariamente proteine di superficie, ma possono essere proteine intracellulari o anche intranucleari. Queste molecole possono rappresentare bersagli ideali per l'immunoterapia poiché esse possono essere direttamente coinvolte nella sregolazione della crescita cellulare associata con lo sviluppo del tumore.
CTL-tumore specifici sono stati trovati nei neuroblastomi, melanomi maligni, sarcomi e carcinomi di colon, mammella, cervice, endometrio, ovaio, testicolo, rinofaringe e rene. Il significato delle reazioni immunologiche nel controllo della crescita tumorale non è chiaro, ma sembra probabile che le cellule T possano in alcune circostanze danneggiare cellule tumorali in vivo. Cellule natural killer (NK), in grado di uccidere cellule tumorali, sono state trovate anche in soggetti senza tumore. Le cellule NK sembrano riconoscere alcune caratteristiche comuni alle cellule neoplastiche, in particolare i bassi livelli di molecole MHC di classe I. Alcune cellule T richiedono la presenza di anticorpi umorali diretti contro le cellule tumorali (citotossicità cellulare anticorpo- dipendente) per avviare le interazioni che portano alla morte cellulare.
Anche se apparentemente meno efficaci dei meccanismi della citotossicità cellulo-mediata, i macrofagi possono uccidere specifiche cellule tumorali se attivati dalla presenza di ATA, linfochine (fattori solubili) prodotte dalle cellule T, o interferone (IFN). Altre cellule T, definite cellule T-suppressor, inibiscono la produzione di una risposta immune contro i tumori. Anche lacellula che presenta l'antigene ha un ruolo chiave nell'induzione della risposta immune. Questa cellula è presente nei tessuti barriera (p. es., cute, linfonodi) e presenta i nuovi antigeni alle cellule effettrici, come le cellule T.
In aggiunta alle diverse popolazioni cellulari, le linfochine prodotte dalle cellule immunologiche stimolano la crescita o l'attivazione delle altre cellule immunologiche (v. anche Cap. 144). Queste linfochine comprendono l'interleuchina-2 (IL-2), conosciuta anche come fattore di crescita delle cellule T e gli interferoni. Fattori di crescita descritti recentemente, come l'interleuchina-12 (IL-12), inducono specificatamente i CTL piuttosto che sopprimere le risposte delle cellule T e aumentano pertanto le risposte immuni.
IMMUNITA' UMORALE
Anticorpi umorali che reagiscono con cellule tumorali in vitro sono prodotti in risposta a vari tumori di origine animale, indotti da cancerogeni chimici o da virus. Anticorpi umorali diretti contro cellule tumorali umane o i loro costituenti sono stati evidenziati in vitro nel siero di pazienti con linfoma di Burkitt, melanoma maligno, osteosarcoma, neuroblastoma e carcinomi GI. Tuttavia, la protezione mediata da anticorpi umorali contro la crescita tumorale in vivo è dimostrabile solo in alcune leucemie e linfomi degli animali. Al contrario, una protezione in vivo mediata da cellule linfoidi si manifesta in molti tumori di origine animale.
Anticorpi antitumorali
Gli anticorpi citotossici sono generalmente Ac che fissano il complemento, diretti contro antigeni di superficie a densità relativamente alta. Di solito gli anticorpi IgM sono più citotossici nei sistemi di trapianto rispetto agli anticorpi IgG.
Gli anticorpi bloccanti o facilitanti possono favorire la crescita di un tumore piuttosto che inibirla. Sono in genere IgG, forse in forma di complessi con antigeni solubili. I meccanismi e la relativa importanza di tale facilitazione immunologica non sono ben noti ma possono coinvolgere complessi immuni solubili e cellule T-suppressor. La relazione tra anticorpi citotossici e facilitanti non è ancora chiara; non è ancora noto cioè se si tratti di due distinti anticorpi
ALTERAZIONI DELLA REATTIVITA' IMMUNOLOGICA DELL'OSPITE
I tumori con ATA sono in grado di crescere in vivo; questa constatazione suggerisce un deficit nella risposta dell'ospite agli ATA. I meccanismi possibili sono i seguenti:
  1. può svilupparsi una tolleranza immunologica specifica agli ATA (p. es., per l'esposizione prenatale all'antigene, che può essere d'origine virale). Questo può coinvolgere in qualche modo le cellule T-suppressor.
  2. Agenti chimici, fisici, virali possono deprimere la risposta immune. Un clamoroso esempio di quest'ultimo meccanismo si è osservato in pazienti con infezione da HIV, nei quali le cellule T-helper sono distrutte selettivamente dal virus (v. Cap. 163).
  3. La terapia, in particolare con i farmaci citotossici e le radiazioni, può deprimere la risposta immune. I pazienti sottoposti a terapia immunosoppressiva per trapianto renale hanno un'incidenza di neoplasie > 100 volte quella attesa, suggerendo un danneggiamento dei supposti meccanismi di sorveglianza immunologica. Questi tumori sono generalmente neoplasie linfoidi anziché tumori più comuni (p. es., quelli del polmone, della mammella, del colon e della prostata). Tumori che sono stati inavvertitamente trapiantati in pazienti sottoposti a trapianto renale e a trattamento con immunosoppressori, sono regrediti dopo interruzione del trattamento immunosoppressivo. In contrasto con questi effetti nocivi dei farmaci immunosoppressivi o della radioterapia, si è visto che il trattamento preventivo dei pazienti, affetti da tumore, con basse dosi di ciclofosfamide inibisce le risposte delle cellule T-suppressor ai vaccini contro cellule tumorali e ad altri antigeni, e quindi aumenta potenzialmente l'immunità tumorale.
  4. Il tumore stesso può deprimere la risposta immune.
Un deficit dell'immunità cellulare può essere associato con la recidiva e la disseminazione del tumore, sebbene sia difficile distinguere la causa e l'effetto. Questa deficienza è stata dimostrata a più riprese in varie neoplasie, in modo più eclatante nel morbo di Hodgkin, in cui sembra coinvolto un difetto di varia entità nella funzione delle cellule T. Possono essere anche coinvolti una riduzione della produzione della IL-2, un incremento dei recettori solubili circolanti e alterazioni a carico della cellula che presenta l'antigene. È stato evidenziato un carente funzionamento delle cellule T che infiltrano il tumore che può essere superato con un'adeguata presentazione dell'antigene da parte della cellula che presenta l'antigene e con un appropriato supporto di citochine. Un deficit dell'immunità umorale è comunemente associato a neoplasie correlate ad anomalie dei linfociti B (p. es., mieloma multiplo, leucemia linfatica cronica).

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